Giovanni Falcone: 23 Maggio 1992 – 2012

23 MAGGIO 1992 – 23 MAGGIO 2012: PER NON DIMENTICARE IL SACRIFICIO DI GIOVANNI FALCONE
A vent’anni dalla strage di Capaci, tante le commemorazioni del giudice che sfidò Cosa Nostra fino all’estremo sacrificio. Con la speranza che non sia stato vano

di Manuele Fiori

Pare strano, sembra ieri. Sono già passati vent’anni. Inutile ribadire, e non si sa mai fino a che punto sia veramente giusto usare l’accezione “inutile”, lo spessore del magistrato: “troppo” è stato scritto e detto, anche se in questi casi anche la parola “troppo”, per l’appunto, non basta mai. Dagli albori della laurea in giurisprudenza nel 1961, il concorso, vinto, in magistratura appena tre anni dopo, fu pretore a Lentini e poi, dal 1978, trasferito nella “sua” Palermo: Ufficio istruzione sotto l’esperienza di Rocco Chinnici. Al suo fianco anche Paolo Borsellino, magistrato, amico d’infanzia.

L’ esperienza del “pool antimafia” che portò al “Maxiprocesso” a Cosa Nostra il 16 novembre 1987, e che mise alla sbarra ben oltre 360 imputati. I giornali titolarono: “La Mafia in ginocchio”.
Ci sarebbe riuscito, eccome, Giovanni Falcone, se non si fosse sgretolato il progetto di Chinnici con l’uccisione dello stesso magistrato. Ci sarebbe riuscito, se il sostituto Antonino Caponnetto non fosse stato costretto a veder cadere tutti i funzionari di polizia e collaboratori, giorno dopo giorno, ora dopo ora, come Ninni Cassarà e Giuseppe Montana, che avevano già visto cadere altri giudici del calibro di Cesare Terranova, tanto per citarne uno alla storia. Ci sarebbe riuscito senza le dimissioni – per protesta – dei giudici del pool Giuseppe Di Lello e Leonardo Guarnotta, oppure senza l’ennesimo sgambetto che il Consiglio Superiore della Magistratura gli riservò preferendo, alla sua nomina, quella di Antonino Meli come successore di Caponnetto, quest’ultimo sostituito per raggiunti limiti d’età e problemi di salute.

Questo ed altro è stato Giovanni Falcone, una vita spesa lottando contro l’antistato – spesso mascherato da Stato -, e aspettando la morte sotto le minacce epistolari del “Corvo”, con il “nemico-alleato” che non gli ha permesso di onorare quella delega in bianco, quell’attestato di paura mista a indifferenza, datagli da Palermo e dall’Italia per sconfiggere la mafia. Fino a quel fatidico sabato pomeriggio. Ore 17.58, Autostrada Punta Raisi-Palermo, altezza Capaci. Un solo boato per 5 quintali di tritolo. Uno per vittima: oltre a Falcone, infatti, perdono la vita anche la moglie Francesca Morvillo e i tre agenti di scorta Vito Schifani, Rocco Di Cillo e Antonio Montinaro. Missione compiuta per i signori della morte, e per i loro colleghi dal colletto bianco, che circa tre anni prima – all’Addaura, nel 1989 – avevano mancato per un soffio l’obiettivo.
Per tutta la giornata di oggi, ricorrendo il ventennale dalla strage, saranno molti gli appuntamenti commemorativi, tutti già presentati in conferenza stampa lo scorso 15 maggio dal ministro dell’Istruzione Francesco Profumo. Navi che si incontrano a Palermo, decine di migliaia di studenti coinvolti, memorial, laboratori, concorsi, cortei, una partita del cuore al comunale Renzo Barbera, e molto altro ancora. Saranno presenti anche il Presidente Giorgio Napolitano e il capo del Governo Mario Monti.