TANTI AUGURI ALL’ITALIA CHE LAVORA… E A ME

La Festa del lavoro che non c’è. Auguri ai coraggiosi e ai veri imprenditori e filantropi

di Manuele Fiori

in Italia fu istituita nel 1890 per ridurre l’orario della giornata lavorativa a otto ore. Oggi con le crisi calcolate dei governi europei, da oltre dieci anni, sempre in Italia siamo in “crisi”. La parola che più piace ai politici perché, per uscirne, dovranno dimostrare di avere da fare (e da dire) almeno per un bel po’. La parola che, oltre ai politici, piace anche all’italiano medio, colui che preferisce le critiche e le lamentele alle opportunità e alle soluzioni, perché in fondo, la critica e la lamentela, sono le cose che più accomunano tutte le genti dopo il pettegolezzo al bar o sul pianerottolo di casa.
A Spoleto siamo in piena campagna elettorale, e forse proprio grazie a quest’ultima abbiamo evitato di vederci recapitare comunicati stampa copiati e incollati dalla stessa ricorrenza dello scorso anno. O forse, sempre stamattina, campeggeranno in prima pagina per l’odierno dovere di cronaca.
Di fatto il Governo è impegnato (da “soli” 57 giorni) a costituirsi… e, a guardare il lato positivo, non potremo più prendercela nemmeno con l’impiegato delle poste se, per compilarci un vaglia, lo riterremo lento: le tempistiche capitoline fanno diventare tutti degli improvvisati Mennea di turno.
E il lavoro a Spoleto? Sempre lì… in quel posto che nessuno conosce. Il lavoro è diventato un ricordo come a parlare dei Festival Menottiani. C’era una volta la Minerva, il cotonificio, la scuola di polizia, l’IMS, la Saffa, la Panetto e Petrelli, la Maran. Adesso abbiamo cadaveri o malati terminali di quello che fu. Adesso avremo supermercati nei luoghi dove fu scritta la storia di queste realtà. La voglia di fare bene il Bene, memento e scopo unico di ogni imprenditore di un tempo, cari imprenditori spoletini, non l’avete ereditata. Moriremo come all’hospice, con palliativi nella flebo e tutt’altro che privi di sofferenza. Che brutto epilogo.
Allora, ormai, oggi non rimane che augurare buona Festa almeno a chi il lavoro ce l’ha perché è riuscito a ritagliarsi un pezzetto di orto sano in un campo contaminato. Ai coraggiosi che credono di poter continuare a fare della loro passione un lavoro che dia dignità alla propria vita. Coraggiosi di cui, noi di Spoleto’S, possiamo esserne il primo esempio. Auguri a chi, sul posto di lavoro, ci ha lasciato la vita mentre voleva solo portare il pane ai figli. Auguri a chi continua a credere nei concorsi pubblici e a denunciare quelli pilotati, per non dire tutti. Grazie alle imprese che reinvestono nei giovani e danno nuove possibilità, grazie agli esempi di imprenditoria generosa e filantropica. Grazie a Luisa Spagnoli e ad Adriano Olivetti, pionieri di quel gusto – che avevano – di cospargere benessere fra i loro dipendenti. Grazie a Brunello Cucinelli, unico (e qui vorrei tanto sperare di sbagliarmi, ndr) imprenditore umanista e filantropo contemporaneo. Loro sì che fanno fare Festa oggi.
Gli altri sono il contorno, un contorno che ha ancora tanto, troppo da imparare.

E, alla fine, anche se sto lavorando pure oggi per chi mi leggerà e diventerà mio datore di lavoro per le prossime dodici ore scarse, tanti auguri anche a me. Perché? Perché compio trent’anni. Quindici dei quali passati a scrivere. Solo mezza vita. Ho abbandonato un contratto a tempo indeterminato per realizzare un Sogno. Sì, anch’io ho trent’anni da coraggioso… forse anche troppo ma questa è un’altra storia e, siccome parlo più con voi che con mia madre, ora vado a soffiare trenta candeline insieme a quel pezzetto di famiglia e amici che mi sono rimasti, pur sapendo con certezza matematica, che anche il coraggioso che mi ha messo al mondo, il mio “Papa con l’accento” ormai inquilino del Cielo, oggi stia comunque sorridendo per me. Questo è quello che hai creato e quanto ti devo, papà.